Zone ingrate

Alla scoperta delle zone ingrate di Achille Francese.

Per un Ronin come me (occidentalizzando il termine direi cane sciolto) la pratica e la ricerca sono diventate, in assenza di regole e di padroni un tutt’uno che difficilmente si presta a codificazioni.
Ho scelto tanti anni fa di tenere per un’interpretazione personlissima di I DO, non confrontata e quanto mai opinabile, solo dettata da esperienze e sensazioni che non trovavano omologazioni nelle scuole che stavano nascendo e che tuttora seguono percorsi diversi rispetto alla mia Libertà.
Libertà di essere e di sentire fuori dagli schemi, alla ricerca di trascendere la tecnica, anche se i fondamentali del Kata sono supporto insostituibile nel lento cammino da percorrere sulla Via.

L’intreccio fra Shiatsu e Arti Marziali non è occasionale perché lo spirito che li pervade, la strategia che li organizza sono simili. Non so come nasce questa analogia, ma chi come me ha praticato entrambe le discipline altro non può fare che prenderne atto. Il Mo C. Barioli, uno dei più grandi teorici di Arti Marziali parlava, parla e parlerà di Kata, Randori e Shiai.
Ho cercato di vivere nello Shiatsi questi tre concetti e questo spiega il mio individualismo forse presuntuoso; ma chi non ha difetti?
Partendo da queste riflessioni la mia diversità mi porta a rifiutare i termini di Tori e Uké applicati allo Shiatsu e mutuati dalle arti marziali perché inadatti e non solo per una questione di traduzione o di semantica. Nella realtà Uke è carico di energia, deve avere per definizione un Ki forte e perciò un Tanden ipertonico per integrare l’azione di Tori nel Kata e nel Randori; quanto siamo lontani dall’interpretazione diffusa negli ambienti Shiatsu emergenti.

E’ ovviamente solo la mia opinione.
Mi sento così lontano dal sistema che dovendo per necessità rifiutare il termine “terapista” voglio pensare più coerentemente con le finalità dello Shiatsu, ad un caregiver nei confronti di una persona in stato di necessità. Insomma ho rifiutato la scuola per non correre il rischio di non poterne mai uscire.
Questa scelta, fuori dagli schemi, durante gli anni mi ha portato a scoprire ciò che ho chiamato le “zone ingrate” vale a dire quelle parti del corpo che non “sentono” la pressione, che non offrono reazioni percepibili e che non sono da confondere o equiparare a Kyo e Jitsu che sono pura teoria nella loro sospetta soggettività.
Per sentire e percepire le zone ingrate, la condizione è Mu-Shin – non pensiero -; la ricerca degli tsubo avviene nella completa assenza di conoscenze teoriche, solo dopo dà un nome e organizzo la strategia.
Le zone ingrate, nella mia esperienza si avvertono quasi esclusivamente su BO e YU, ma nemmeno questo è un concetto assoluto; nel non pensiero la mano è attratta dalla debolezza e per un inconsapevole istinto d’amore si sofferma ad aiutare, è naturale e primordiale.

Credo che al di là della teoria pur necessaria questo sia l’essenza dello Shiatsu.
Solo praticando nel rispetto di questo concetto ho scoperto l’efficacia di alcune combinazioni, apparentemente slegate dai canoni della letteratura e dico, solo in apparenza, in quanto l’originalità della terapia riflette l’originalità del paziente.

La scoperta delle zone ingrate e degli tsubo ad esse collegati avviene dunque fuori dagli schemi e qui è evidente la difficoltà di tracciare un percorso uguale per tutti i casi simili.
Ciononostante la rivisitazione delle schede dei pazienti rivela alcune analogie: nei casi di problemi legati alla psiche (depressione, stress), gli tsubo ricorrenti sono DAN-CHU (VC 17), CHUKYOKU (VC 2), HAI-YU (V 13) e I CHU (V 40), nelle varie affezioni dell’apparato digerente spesso ha utilizzato CHUKAN (VC 12), CHUKYOKU (VC 2), I YU (V 2) e YORYOSEN (VB 33), i problemi legati all’apparato cardio-circolatorio spesso si risolvono trattando KANGEN (VC 4), REIDAI (VG 9), SHIN YU (V 15) e KIKAI (VC 6) e nelle fasi acute NAIKAN (MC 6), TENSO (IT 11) e DANCHU (VC 17).

Potrei continuare la divulgazione della mia esperienza ma non essendo mai stata messa a confronto vale solo per me e diventa rischioso porporre un percorso vale solo per me e diventa rischioso proporre un percorso troppo legato alle sensazioni personali ed a un’interpretazione non ortodossa dello Shiatsu.